Cenni storici

In milioni hanno visto la mela cadere, ma Newton è stato quello che si è chiesto perché.

Bernard Baruch

Nel passato, come oggi, le domande che ci poniamo nell’osservazione dei fenomeni o nell’immaginazione di questi sono quelle che portano a scoperte, alla enunciazione di leggi, formule e alla correzione di idee e concetti errati.

La concezione del cosmo

Nell’antichità vi era una concezione differente della struttura del cosmo da quella attuale. Aristotele e Tolomeo, personaggi della Grecia antica, svilupparono il sistema geocentrico, o aristotelico-tolemaico: al centro del cosmo vi era la Terra, con attorno una serie di sfere concentriche su cui si muovevano i corpi celesti. Il cosmo era diviso in due macro-sfere: la sfera sub-lunare, imperfetta e mutabile, contenente i quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco) che si muovevano attraverso un moto rettilineo, e la sfera lunare, perfetta e immutabile, contenente i corpi celesti e le stelle fisse che si muovevano con un moto circolare uniforme.

Questa concezione si diffuse molto all’epoca e nel Medioevo poiché soddisfacente dal punto di vista astronomico e coerente per la filosofia e per la religione. Nel corso di questo tempo, tuttavia, si svilupparono delle correnti alternative: i pitagorici intuirono il movimento della Terra e gli atomisti il concetto di un universo infinito.

Il sistema geocentrico fu superato gradualmente.

Con l’inizio dell’età moderna, Mikołaj Kopernik fu una delle prime figure che riuscì a dimostrare, tramite dei procedimenti matematici, il sistema eliocentrico (o copernicano) dove è il Sole ad essere al centro del cosmo. Da questo periodo di tempo in poi, si susseguirono una serie di fisici e astrologi che iniziarono a sostenere e dimostrare questa visione.

Uno di questi fu Isaac Newton, fondatore della meccanica classica.

Si narra che un giorno del 1666, una mela fosse caduta sulla testa del rinomato fisico. Dopo che ebbe raccolto il frutto, si domandò il meccanismo fisico con il quale gli oggetti del mondo cadessero per terra. Con questo evento, probabilmente non veritiero, iniziarono i suoi studi riguardanti la forza di gravità. Pubblicò nel 1687 la sua opera “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica”, dove enunciò il concetto di “forza di gravità”, o forza peso, e le tre leggi del moto (i tre principi della dinamica).

La legge dimostrata da Newton (legge di attrazione gravitazionale) afferma quanto segue: 

“due corpi dotati di massa si attraggono con una forza che é direttamente proporzionale al prodotto delle masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza che li separa.”

Mediante l’applicazione dei principi della dinamica e presupponendo che tra due corpi sussistesse solo l’attrazione gravitazionale, Newton riuscì a dimostrare le tre leggi di Johannes Kepler, formulate grazie alla disposizione di una grande quantità di precisi dati astronomici di Tycho Brahe e sostenute da Galileo Galilei attraverso lo studio dei moti dei pianeti.

Dimostrò ciò che Hooke non riuscì a concludere nelle sue deduzioni. Nel 1670 Robert Hooke propose di spiegare il moto dei pianeti e delle comete con tre ipotesi: tutti i corpi celesti si attraggono tra loro; i corpi si muovono per mezzo di un moto rettilineo uniforme se non sono deviati da forze; le forze di attrazione decrescono con la distanza. La legge matematica con cui la forza di attrazione decresce con il quadrato della distanza fu da lui precisata negli anni successivi.

Con questo piccolo excursus, abbiamo ribadito la relatività delle visioni del mondo e della realtà nel tempo!

Fluido Calorico e Calore

Una delle concezioni errate della storia fu il fluido calorico.

Tra il XVII e il XIX secolo persistevano dubbi se il calore fosse uno stato della materia, anche se ciò non permetteva di spiegare alcuni fenomeni fisici o di fare previsioni, oppure una sostanza, la più accreditata. Per quel tempo, il calore era un fluido invisibile, per questo definito fluido calorico, sprovvisto di peso e capace di addentrarsi nella materia. Attraverso la concentrazione con cui era presente, era responsabile della sensazione di freddo e di caldo. Il passaggio del fluido da un corpo caldo a un corpo freddo permetteva di descrivere l’equilibrio termico tra due corpi.

Si sa, però, che quando vi è un passaggio di stato, pur fornendo calore, la temperatura rimane la stessa e questo fatto scoraggiò il modello del fluido, come sottolinea J. Black; lui fu il primo a introdurre il concetto di calore latente per spiegare questo anomalo comportamento e lo definì come il calore necessario a far aumentare di 1 °F la temperatura di una libbra di acqua.

Verso la fine del XIX secolo, la teoria del fluido calorico iniziò a essere abbandonata.

Oggigiorno siamo consapevoli che il calore è una forma di energia termica che viene trasferita tra due corpi, tra un sistema e l’ambiente o tra due sistemi, che si trovano a differente temperatura.

Si è arrivati a questa definizione grazie alle scoperte di Evangelista Torricelli (il quale basò i suoi studi sul concetto di temperatura), Joseph Black (che introdusse il concetto di calore latente), James Prescott Joule e Benjamin Thompson (che introdusse la visione del calore come movimento interno dei corpi materiali).

I padri della termodinamica

Anche la termodinamica, la branca della fisica classica che studia le trasformazioni termodinamiche, ha avuto una sua evoluzione.

Con Robert Boyle si ripresero le ricerche sulla natura dell’aria. Assieme a Robert Hooke costruì una pompa ad aria che permise loro di trovare una relazione tra il volume e la pressione dei gas a temperatura costante (trasformazione isoterma). Questa relazione sarà successivamente denominata come “legge di Boyle“.

Josef Louis Gay-Lussac formulò la legge sulla dilatazione termica, determinando il coefficiente di dilatazione. Studiò principalmente il comportamento delle isobare e delle isocore con le rispettive relazioni tra pressione, volume e temperatura. In un secondo tempo elaborò le due leggi omonime.

Con Nicolas Léonard Sadi Carnot si oltrepassa lo studio delle singole trasformazioni per passare a quello delle loro combinazioni. Dedicandosi alla progettazione di un buon motore a vapore con un rendimento massimo, sviluppò il “Ciclo di Carnot”. Quest’ultimo sarà oggetto di revisione da parte di Benoît Paul Émile Clapeyron, ideatore dell’omonimo piano cartesiano.

Questo ciclo sarà anche la base degli studi di Rudolf Julius Emanuel Clausius, il quale introdurrà il concetto dei tre gradi di libertà e di morte termica ed elaborerà il secondo principio della termodinamica. Una riformulazione di quest’ultimo verrà data da William Thomson lord Kelvin, accompagnata dalla costruzione di una scala assoluta della temperatura (Scala Kelvin), diversa dalla scala centigrada di Anders Celsius, definita attraverso la fissazione di due stati termodinamici.

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